giovedì 18 febbraio 2016

CINQUANTESIMO POST (per precisare la situazione)


In occasione di questo cinquantesimo post del blog GIUSTIZIA A STRISCE, facciamo un riassunto delle puntate precedenti.

Questo progetto collettivo è dedicato ai rapporti tra fumetto e diritto.

Una mostra, incentrata soprattutto sulla figura del giudice, è stata allestita prima presso il Tribunale di Catania, poi presso l’Università di Foggia; essa è richiedibile per eventuali altre installazioni.

Del catalogo, un bel librone di 130 pagg. in formato A4, illustrato in b/n, sono pure avanzate un po’ di copie.

La mostra ed il libro non esauriscono l’oggetto della ricerca, che vorrebbe continuare con altre iniziative sulle raffigurazioni, nel fumetto, dell’avvocatura, del mondo carcerario, delle tematiche giuridiche in senso lato.

Di questo abbiamo parlato nel blog, spesso partendo da temi giuridici – giudiziari per parlare di fumetto anche in generale, mostrando autori noti (jack Kirby, Jacovitti, Andrea Pazienza, i Disney italiani) e meno (il post su Paul Reinman è tra quelli con più visualizzazioni), ma anche con divagazioni sui cantautori (Guccini, De Andrè, Vecchioni), i cantastorie (Franco Trincale), la pittura, l’attualità politica (l’omicidio stradale, il braccialetto elettronico, ecc.).


Il progetto è aperto a tutti, GIUSTIZIA A STRISCE non è un marchio registrato, l’iniziativa non ha fine di lucro e chiunque può collaborare scrivendo testi per questo blog o proponendo un qualsiasi tipo di progetto.


venerdì 12 febbraio 2016

Questo post è VIETATO AI MINORI

La casa editrice IL MELANGOLO di Genova era nota per raffinati testi filosofici; roba tosta come questa:




ma se anche loro pubblicano un libro con questo titolo, vuol dire che non ce n’è più per nessuno…


Ed allora, incoraggiati dai simili apripista, rompiamo gli indugi e lanciamo anche noi il nostro post “vietato ai minori”.
Poiché il catalogo GIUSTIZIA A STRISCE menziona vari generi fumettistici, qualcuno in effetti ha notato l’assenza di un paragrafo dedicato al genere erotico; ma la mostra è stata allestita nell’atrio di un Tribunale, ed allora ci è sembrato giusto evitare, senza voler praticare censure né autocensure, di mostrare immagini che potessero essere non adatte al contesto.
Nessuno ha notato, peraltro, che una vignetta riportata a pag. 4, col primo piano di un anziano giudice che legge un improbabile dispositivo di condanna, era tratta da un albo dei fumetti cosiddetti “per adulti” con cui due case editrici, la Edifumetto e la Ediperiodici, hanno a lungo invaso le edicole italiane negli anni Settanta.
L’opera in questione è firmata da Giovanni Romanini, che ha lavorato per quel mercato, ma ha anche collaborato con un mostro sacro come Magnus.


In verità, scene di ambientazione processuale non sono rare in quel genere di fumetti; ed anzi è altamente probabile che in essi sia apparso per la prima volta un giudice donna; un po’ come è avvenuto nel cinema italiano, dove si ritiene che la scollacciata pellicola La pretora sia stata appunto la prima a mostrare una toga in gonnella.
Essere certi di questi dati, però, è molto difficile: questi fumetti, considerati spazzatura dal punto di vista artistico, e semmai oggetto di riflessioni sul piano esclusivamente sociologico, non sono mai stati raccolti nelle biblioteche di settore, e spesso non sono stati nemmeno conservati, rivolti com’erano ad un pubblico di bocca buona che magari li buttava via dopo la lettura.
Cosicché, uno studio serio su questo materiale risulta oggi molto difficile per l’approvvigionamento delle fonti.



Un autore di tutt’altra levatura, che invece nel catalogo abbiamo menzionato con piacere, anche se oggi è piuttosto dimenticato, è Giuseppe  Zaccaria, in arte Pino Zac (1930/1985).
Ecco un estratto da un articolo su di lui, tratto da un antico catalogo del Salone del Fumetto di Lucca:


 Di Pino Zac, nel catalogo, abbiamo omesso di mostrare alcune illustrazioni che, lungi dall’essere volgari, intendono invece scolpire con crudezza l’immagine sessuofobica che la magistratura dava di sé in quel periodo.
Questa immagine, del resto, si ritrova anche in fonti giornalistiche e nella memorialistica giudiziaria.



Infine chiudiamo con Art Spiegelman. L’autore di Maus, il primo libro a fumetti a conquistare i musei d’arte moderna, non ha bisogno di particolari presentazioni. Qui però lo citiamo in veste di illustratore, traendo quest’opera dal volume antologico dedicato alle sue copertine per la rivista The Newyorker.


PS:

Questo è il 49° post del blog; per il prossimo ci saranno ricchi premi e cotillons; come quando, ai tempi d’oro, l’Editoriale Corno, al n. 50, proponeva adesivi o manifesti:






venerdì 5 febbraio 2016

IL PROCESSO A MISTER NO (e il carcere nei fumetti)




La casa editrice Sergio Bonelli, semimonopolista del fumetto cosiddetto “da edicola", suscita amore ed odio. Amore da parte dei lettori che, nei suoi personaggi, hanno trovato e trovano una qualità mai raggiunta da altri editori; ed in effetti Tex, Zagor, Dylan Dog, il "colto" Martin Mystere, per tacere degli altri, sono personaggi davvero entrati a pieno titolo nell'immaginario italiano.
Qualcuno, invece, storce il naso di fronte ad uno stile ritenuto ripetitivo, ad una evoluzione che sembra bloccata, ad una saturazione del mercato che si teme abbia impedito lo sviluppo di linguaggi diversi.

Senza voler prendere posizione su una simile "vexata quaestio", avendo citato ben 26 volte il nome “Bonelli” nelle 130 pagine del catalogo GIUSTIZIA A STRISCE, proviamo a colmare una lacuna citando un personaggio che nel testo non ha trovato spazio: Mister No.
Chi sia costui lo facciamo dire ad un vecchio dizionario dei fumetti, perché sarebbe difficile aggiungere qualcosa; ci limitiamo a ricordare che la serie regolare, sbarcata in edicola nel 1975, si è conclusa con il n. 379 nel 2006.


Una lunga storia del primo periodo, scritta da Alfredo Castelli e disegnata da Franco Bignotti, inizia sul n. 56 e si conclude sul n. 59; ecco la copertina dell'albo principale, opera del decano Gallieno Ferri (classe 1929, ancora oggi copertinista di Zagor).


La storia è complessa, ben costruita, speziata di emozioni forti, anche se qua e là riecheggia qualche stereotipo. Mister No, ingiustamente accusato di omicidio da un poliziotto che è il vero autore del reato, viene sottoposto, nella capitale della Guyana Francese, ad un più che sommario processo, che qui riproduciamo per intero. 

Certamente stereotipata è la raffigurazione del difensore d'ufficio imbelle, che si ritrova in tanti film e fumetti per lo più di ambientazione statunitense; e non sapremmo dire quanto vi sia di corretto nella procedura, che dovrebbe essere regolata dal diritto francese (eppure il rapporto giudice - giuria sembra riecheggiare lo schema tipico dei fumetti americani).
Il meglio di sé, però, il lungo episodio lo mostra nella rappresentazione della vita carceraria. Prima infatti che Mister No riesca a dimostrare la sua innocenza, trascorrono mesi e mesi, durante i quali la vita dei detenuti viene mostrata in tutta la loro crudezza, senza nascondere violenze e sevizie dei carcerieri, ma senza nemmeno trasformare i galeotti in vittime innocenti del sistema.
Qui di seguito alcune delle sequenze che mostrano, con realismo, la condizione dei detenuti.




Come si vede qui sotto, anche Tex ha avuto a che fare con dei galeotti; curiosamente, anche questo episodio è scritto da Nolitta e non da suo padre Gianluigi, creatore del personaggio.


E ora veniamo alla considerazione conclusiva.
Il tema dei diritti dei detenuti è uno di quei temi sensibili che restano costantemente all'attenzione del dibattito sociale e politico; e così è anche nel nostro paese.

Noi organizzatori della mostra sui giudici nel fumetto vorremmo proseguire un percorso di ricerca su Fumetto e diritto proprio con un tema di impatto sociale quale è quello del carcere. In tal senso, dopo il riallestimento della mostra presso l'Università di Foggia, vi erano stati dei contatti con docenti dell'università di Torino, interessati ad uno studio del mondo carcerario nei  mezzi di comunicazione di massa; uno studio che si è già fatto in relazione ad altri linguaggi, come il cinema.


Al momento i progetti sono rimasti tali; ma se qualcuno fosse interessato a contribuire, o volesse rendere possibile una nuova mostra con un nuovo catalogo, non ha che da contattarci tramute questo blog, o la pagina Facebook.

In fondo, su carcere e fumetti il materiale proprio non manca. Ecco una copertina da una serie di comic book americani interamente dedicata alle rivolte carcerarie.


E chiudiamo in bellezza con un Jack Kirby d'epoca e poco noto: